Ci sono gare che non sono semplici competizioni, ma esperienze di vita condensate in un solo giorno. Quando ho iniziato a correre, non avrei mai immaginato di essere attratto dalle ultramaratone, quelle distanze folli che sembrano oltre i limiti umani. Eppure, più mi addentravo nel mondo del running, più capivo che c’era qualcosa di speciale nell’affrontare un percorso di 100 miglia, qualcosa che andava ben oltre la pura prestazione sportiva. Mi ricordo benissimo quando una sera ho visto dei runner passare per Borgotaro (PR) impegnati lungo la Abbots Way (che poi ho completato io stesso anni dopo) pensando che erano davvero atleti strani.
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L’Inizio del Viaggio: Oltre la Linea di Partenza
Ogni ultramaratona inizia molto prima dello sparo dello starter. Il vero viaggio inizia nei mesi di preparazione, nelle levatacce per accumulare chilometri, nelle corse sotto la pioggia, nel dolore muscolare che diventa una presenza abituale. La partenza, quel momento in cui ti trovi sulla linea insieme ad altri folli come te, è solo la celebrazione del percorso che hai già compiuto.
Quando mi preparo per una gara del genere, il pensiero non è tanto sulla velocità, ma sulla strategia. Quanto spingere nei primi chilometri? Come gestire le salite? Dove trovare il momento per rallentare e recuperare? In un’ultramaratona, il ritmo perfetto è quello che ti permette di arrivare alla fine, non quello che ti fa sentire forte all’inizio.
La Prova della Montagna: Affrontare i Propri Limiti
Se c’è una cosa che ho imparato nelle gare lunghe, è che il corpo ti pone continuamente delle domande, e la tua capacità di rispondere determina il risultato finale. A metà gara, quando il sole è alto e il caldo diventa insopportabile, quando i muscoli iniziano a protestare, è lì che si gioca la vera battaglia.
In una delle mie esperienze più intense in montagna, ricordo il momento esatto in cui ho capito che la mia corsa sarebbe cambiata per sempre. Ero in un canyon rovente, con l’acqua che scarseggiava e la fatica che si trasformava in dubbio. Ogni passo sembrava più pesante, e l’idea di dover continuare per decine di chilometri era schiacciante. Per di più sapevo di avere anche un bel febbrone. Ma è proprio in questi momenti che si impara l’arte dell’adattamento. Ho rallentato, ho cambiato strategia, ho trovato un nuovo equilibrio tra fatica e determinazione.
Il Supporto Invisibile: Nessuno Corre Davvero da Solo
Un aspetto che pochi considerano è che, nonostante le ultramaratone siano uno sport individuale, nessuno le affronta davvero da solo. Dietro ogni runner ci sono amici, familiari, pacer e volontari che rendono possibile ogni passo.
Nelle gare più dure, i ristori diventano oasi di sopravvivenza, luoghi in cui mani sconosciute ti offrono una bevanda, un sorriso, un incoraggiamento.
L’Arrivo: Un Traguardo che Cambia la Prospettiva
L’ultimo tratto di una 100 miglia è un mix di emozioni difficili da descrivere. Sei esausto, ma sei anche consapevole che ce l’hai quasi fatta. Ogni passo diventa una conquista, e quando finalmente vedi il traguardo, qualcosa dentro di te cambia. Non è solo la gioia di aver terminato la gara, è la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di straordinario, di aver attraversato ogni fase della fatica e della resistenza mentale, e di essere arrivato dall’altra parte più forte, più consapevole, più vivo.
Le ultramaratone mi hanno insegnato che non si tratta solo di correre, ma di affrontare la vita con la stessa determinazione. Perché in fondo, ogni giorno è un po’ come una lunga gara: momenti facili, momenti duri, il supporto delle persone che ci stanno accanto e, alla fine, la soddisfazione di aver dato tutto quello che potevamo.
E tu, quale sarà la tua prossima sfida?