Non so esattamente quando è successo, ma a un certo punto le gare “normali” hanno cominciato a starmi strette. Non parlo di risultati, ma di tempo. Volevo restare lì, nel gesto della corsa, per più ore, per più chilometri. Così, passo dopo passo, mi sono avvicinato alle ultra. E oggi voglio raccontarti un’esperienza che, almeno per me, segna un altro punto di svolta: la 24 ore dell’Ultramarathon Festival Venice, in programma il 12 e 13 aprile 2025, a Mestre, nel Parco San Giuliano.
Non sarà la mia prima volta su questa distanza. Alla scorsa 24 ore di Torino ad esempio mi sono classificato ottavo assoluto, un risultato che mi ha dato tanto, soprattutto sul piano della consapevolezza. Perché in una gara così lunga, ogni chilometro in più è anche un piccolo traguardo interiore.
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Il circuito che non finisce mai
Il percorso misura 1382 metri. Sembra poco, vero? Ma immagina di ripeterlo per un’intera giornata e poi la notte. È un tipo di fatica che non dipende tanto dalla difficoltà del tracciato, quanto dalla sua costanza. La vera sfida, qui, non sono le salite o i dislivelli, ma il confronto diretto e continuo con la ripetizione. Giri e giri, sempre uguali, che possono diventare una prigione mentale… oppure un luogo di libertà.
A Mestre sarò di nuovo impegnato nella 24 ore individuale, la regina di questa manifestazione. Ma non è l’unica distanza possibile. Alcuni preferiscono la 12 ore, la 6 ore, o le staffette a due o tre persone. C’è persino una staffetta da 6 ore con turni da un’ora ciascuno. Un festival, appunto. Dove ognuno può scegliere il proprio modo di stare dentro al tempo.
Correre contro il tempo, ma anche con lui
Quello che mi affascina di questo format non è tanto l’aspetto competitivo – anche se la gara assegna i titoli italiani FIDAL di categoria – quanto il tipo di mentalità che richiede. Qui non conta soltanto quanto sei veloce, ma quanto riesci a gestirti. Ogni ora è una piccola gara a sé, ogni crisi un’eventualità da contemplare e non da temere.
Torino ma anche Saronno, Verona prima, mi ha insegnato molto in questo senso. Ho imparato a dosare, a non farmi prendere dall’entusiasmo iniziale, a gestire le notti fredde e i momenti in cui il corpo sembra mollare. Ma soprattutto, ho imparato a lasciarmi sorprendere da quello che il corpo riesce ancora a dare, quando la testa resta lucida e il cuore continua a crederci.
Una corsa collettiva, anche quando si è soli
Quello che mi colpisce, ogni volta che partecipo a un’ultra, è il senso di comunità. All’apparenza sei lì da solo, con il tuo pettorale e il tuo angolo di tavolino dove appoggi il cambio, le borracce e magari qualche biscotto. Ma poi cominci a scambiare parole con chi ti corre vicino, a incrociare sguardi con gli altri che, come te, stanno affrontando il tempo più che la distanza.
All’Ultramarathon Festival Venice ci saranno alcuni dei nomi più forti del panorama italiano, certo. Ma ci saranno anche tanti appassionati, ciascuno con la propria motivazione, il proprio obiettivo, il proprio modo di interpretare la corsa. E sarà proprio questo a dare valore all’esperienza: l’essere insieme, pur correndo ognuno per sé.
Prepararsi a tutto, aspettarsi poco, vivere ogni giro
Mentre scrivo, mancano ancora un po’ di giorni alla partenza. Ma ho già iniziato a immaginare come sarà. Non mi aspetto di “spaccare” il cronometro, non inseguo record. Voglio semplicemente esserci. Partire, tenere il mio ritmo, affrontare la notte, vedere l’alba da dentro la fatica. E poi, magari, trovare ancora energie per un’ultima manciata di giri.
Se stai leggendo e ti sembra una follia – beh, in parte lo è. Ma se anche tu senti che la corsa è più di una prestazione, se vuoi provare a togliere il cronometro e mettere al centro il tempo in quanto tale, allora ti invito a considerare queste gare. Le ultra non sono per tutti, ma sono più accessibili di quanto sembri. Ti chiedono ascolto, pazienza, capacità di lasciar andare l’ossessione della velocità.
Ci vediamo a Mestre… oppure qualche giro dopo
Per me, Mestre sarà un’altra occasione per stare dentro la corsa con tutto me stesso. Per mettere in pratica ciò che ho imparato a Torino, ma anche per affrontare nuove incognite. Se capiti in zona, vieni a fare un giro al Parco San Giuliano: sarà bello anche solo vedere da vicino questo piccolo mondo di corridori che, per ventiquattr’ore, si affidano ai propri passi.
E se un giorno vorrai provarci anche tu, sarò felice di raccontarti cosa ho imparato. Ma prima, devo vivere questa nuova tappa.
Ci vediamo sulla linea. O magari nel giro 143.