Mentre ci avviciniamo alla storica 50ª edizione della 100 km del Passatore prevista per il 24-25 maggio 2025, vorrei condividere con te alcune riflessioni su questa iconica competizione che unisce la Toscana alla Romagna. Un percorso che ho vissuto sulla mia pelle, con le sue salite impegnative, i panorami mozzafiato e quelle inevitabili crisi che ogni ultra runner conosce bene.
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Quando l’ultramaratona diventa storia
La 100 km del Passatore è un pezzo di storia dell’ultramaratona italiana. Nata nel 1973 dall’intuizione di Alteo Dolcini e Francesco Calderoni, questa competizione è diventata un simbolo dell’unione tra territori: da un lato la terra del Chianti, dall’altro quella del Sangiovese.
Ricordo ancora quando mi spiegarono questa connessione culturale ed enologica che va ben oltre lo sport. Dolcini, cofondatore dell’Ente Vini di Romagna, aveva immaginato un percorso che collegasse due terre unite dalla passione per il vino ma separate dagli Appennini. Un’idea romantica che ha dato vita a una delle ultramaratone più affascinanti d’Italia.
Ogni anno, l’ultimo sabato di maggio, centinaia di runner partono da Firenze per arrivare a Faenza, ripercorrendo idealmente i passi del leggendario Passatore, figura del folclore romagnolo che ha dato il nome alla competizione.
Il mio Appennino tosco-romagnolo: tra preparazione e realtà
Nel 2022 ho vissuto personalmente l’esperienza di collegare queste due terre, ma a modo mio. La mia preparazione per il Passatore è stata un crescendo di sfide: a marzo il Chianti Ultra Trail da 70 km, ad aprile la Tuscany Crossing 100 Miglia come “lungo” – sì, come “lungo” per il Passatore, puoi ben immaginare l’ironia di definire una 100 miglia come allenamento!
Quando poi è arrivato maggio e con esso il Passatore, le cose non sono andate come speravo. I problemi gastrici sono comparsi già al trentesimo chilometro, trasformando quella che doveva essere una celebrazione del mio percorso di preparazione in una lunga battaglia contro me stesso.
Il percorso del Passatore non perdona: dalla partenza in Piazza della Signoria a Firenze si snoda attraverso salite impegnative, con il punto più alto al passo della Colla di Casaglia a 913 metri. Proprio qui, quando il fisico è già provato da quasi 50 km di corsa, l’Appennino mette alla prova anche i runner più preparati.
Un tracciato in evoluzione, una tradizione immutata
Nel corso degli anni, il percorso ha subito alcune modifiche, principalmente per ragioni legate al traffico automobilistico. Oggi l’itinerario esce da Firenze in direzione Fiesole, attraversa questa bellissima cittadina etrusca e prosegue sulla via dei Bosconi, ricongiungendosi con la storica SR 302 vicino al passo della Vetta le Croci.
Ciò che rimane immutato è lo spirito della corsa, con i suoi tre traguardi intermedi che scandiscono l’avanzamento verso Faenza: Borgo San Lorenzo a 31,5 km, Colla di Casaglia a 48 km e Marradi a 65 km. Ogni checkpoint rappresenta una piccola vittoria, un momento per fare il punto della situazione prima di affrontare il segmento successivo.
Correre il Passatore significa confrontarsi con la storia di campioni come Giorgio Calcaterra, leggendario con i suoi 12 successi, o Nikolina Sustic con 5 vittorie nel campo femminile. Ma significa anche entrare a far parte di una comunità che celebra la perseveranza: penso al premio speciale “Io c’ero” per chi ha completato la gara 5, 10, 15, 25, 30, 35, 40 o addirittura 45 volte.
Il significato di una sfida oltre il traguardo
Mentre mi preparo mentalmente per questa edizione, rifletto sulle storie di Walter Fagnani e Marco Gelli, che hanno portato a termine ben 45 edizioni, mancando solo la prima del 1973. O di Natalina Masiero che nel 2017 ha concluso la sua 35ª Firenze-Faenza.
La loro costanza mi ricorda che il Passatore non è solo una gara di un giorno, ma un appuntamento con se stessi che può durare una vita. La ceramica creata da Vittoria Monti, tradizionale premio faentino per i finisher più fedeli, simboleggia perfettamente questo legame tra la competizione e il territorio che la ospita. Non se se ne avrò mai una ma chi può dirlo.
Se stai pensando di affrontare questa sfida, sappi che non si tratta solo di preparare le gambe per 100 km. Il Passatore è un viaggio dentro se stessi, dove la testa conta quanto, se non più, del fisico. È un’occasione per scoprire paesaggi meravigliosi dell’Appennino, ma soprattutto per esplorare i propri limiti.
E se, come è successo a me, le cose non dovessero andare come previsto, ricorda che ogni ultramaratona è un’esperienza di apprendimento. Quella crisi di stomaco al trentesimo chilometro mi ha insegnato più sulla gestione dell’alimentazione in gara di qualsiasi libro o articolo.
A presto e ti ricordo che il nostro podcast BUSHIDO ti aspetta sulla tua piattaforma di ascolto preferita e sarebbe molto utile se potessi accidentalmente coninvolgere altri runner, o aspiranti tali, e condividergli questo progetto.
Attendo i tuoi commenti o le tue domande.